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BRANO 3

 

“Buongiorno, lei è il medico legale?” “Sì, buon giorno. Lei dev'essere il Commissario Casu, mi chiamo Maia Bottino. Se vuole può seguirmi in ospedale dove farò l'autopsia del cadavere e sarà il primo a sapere cos'è successo davvero.” “Perfetto” disse il Commissario entusiasta, gli piaceva quella tipa, sicura di se, eloquente, una che va dritta al punto, professionale e umana insieme. Se non fosse stato per i capelli con le meches quasi ci avrebbe fatto un pensierino, ma lui no, solo more. E non avrebbe fatto un'eccezione al suo codice deontologico come su altre cose su cui era categorico.

In ospedale la dottoressa Bottino accese tutte le grandi luci al neon e chiamò il tecnico di sala. Le mattonelle bianche accecavano il Commissario Casu, amante degli ambienti meno luminosi e privi di odore di varechina e agenti vari per pulire. La dottoressa, piccolina ma forzuta, posizionò il corpo sul grande letto d'acciaio per l'autopsia. Praticò una grande incisione a T nella zona sotto il collo, tutto normale; a prima vista il corpo non aveva escoriazioni nè segni di colluttazione. Chi poteva essere? Gli prese le impronte per farle confrontare nel database della polizia. Voleva dare un volto e un nome a questo tipo tarchiato e abbronzato con i baffetti. Tutti i test sull'esterno del corpo erano negativi. Sarebbe potuto morire nel sonno e poi avrebbero potuto posarlo vicino al fiume. Controllò se ci fosse acqua nei polmoni ma niente. Per ultima cosa doveva incidere dietro il cranio per verificare se ci fossero ematomi non visibili ad occhio nudo e controllare lo stomaco per escludere l'avvelenamento tra le cause della morte. Così voleva la procedura, non si poteva lasciare nulla al caso.

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